Dalle ultime ricerche e analisi dei dati che il SIRT (Security Intelligence Response Team) di Akamai ha visionato da uno dei loro honeypot, è stata scoperta la tecnica di proxyjacking a scopo di lucro. Prima di passare all’analisi della tecnica che è stata eseguita, bisogna capire lo scopo finale di questa tecnica e di come riescono ad utilizzarla con scopo di lucro. Con la tecnica del proxyjacking l’attaccante oltre a rubare e ad impegnare risorse della vittima, riesce a sfruttare anche la larghezza della banda inutilizzata ed eseguire, rimanendo nascosto, vari servizi in qualità di nodo proxy peer-to-peer, monetizzando così la banda extra tramite servizi come Peer2Profit o Honeygain. Queste due aziende prese in esempio offrono agli utenti, in modo legittimato, la possibilità di essere pagati per l’utilizzo della loro larghezza di banda extra.
Il Security Intelligence Response Team di Akamai, l’8 giugno 2023 ha notato un attaccante che ha stabilito diverse connessioni SSH a uno dei loro honeypot Cowrie, un asset gestito dal SIRT di Akamai. Grazie alle loro capacità di controllo e monitoraggio completo di quell’honeypot, sono stati in grado di tracciare e documentare tutte le azioni degli attaccanti, che sono state eseguite principalmente tramite script Bash codificati.
La prima linea d’azione dell’attaccante è stata quella di utilizzare uno script Bash con doppia codifica Base64, una tecnica comune utilizzata per oscurare la vera funzionalità dello script ed eludere i sistemi di sicurezza. Una volta decodificato con successo lo script Bash offuscato, si è potuto vedere il modus operandi dell’attaccante per il proxyjacking. Grazie alla registrazione di questo script decodificato, è stata analizzata meticolosamente la natura e la sequenza delle operazioni previste dall’attaccante.
L’accumulo di proxy rende questo fenomeno particolarmente rilevante e preoccupante perché il proxyjacking risolve essenzialmente l’unico aspetto negativo del cryptojacking: il rilevamento tramite l’elevato utilizzo della CPU. Infatti, richiedendo una CPU minima e facendo invece affidamento sulla larghezza di banda Internet inutilizzata, il proxyjacking può evitare alcuni dei mezzi di rilevamento precedentemente utilizzati per il cryptojacking. Un minore utilizzo della CPU implica un’enfasi ancora maggiore sulle soluzioni IDS/IPS per mitigare il proxyjacking, dal punto di vista aziendale.
Per l’utente comune, invece, è importante implementare solide regole di sicurezza, come:
- Utilizzo di password complicate e la loro memorizzazione in un password manager
- Installare patch alle applicazioni e abilitare l’autenticazione a più fattori, quando possibile.
- Gli utenti con una conoscenza più approfondita della sicurezza informatica possono inoltre prestare attenzione ai container in esecuzione, monitorare il traffico di rete per individuare eventuali anomalie ed eseguire regolarmente scansioni delle vulnerabilità.